Tra le montagne e i ghiacciai più belli del pianeta alla ricerca del mito della Patagonia selvaggia, che non abbiamo trovato…o forse si!
Dopo il “simpatico” viaggio da Rio Gallegos a El Calafate e una volta abbandonata definitivamente la poco conosciuta Costa Atlantica della Patagonia, ci ritroviamo immersi nel turismo di massa di El Calafate e addio tranquillità e campeggi mezzi vuoti!
Il ghiacciaio Perito Moreno è di una bellezza incredibile.
Decidiamo di raggiungerlo solo a patto di andarci in autostop per non essere “rapinati” dalle compagnie degli autobus che fanno ogni ora il tragitto. Siamo fortunati e alle 8 della mattina “sequestriamo” una amabile coppia di francesi che ci dà un passaggio all’andata e anche al ritorno. Dico fortunati perchè la sera prima in campeggio avevamo conosciuto uno svizzero che provava ad andarci in autostop da 5 giorni!
Ma noi abbiamo i nostri metodi segreti…ecco perchè ho scritto sequestrati!
Letteralmente scappiamo da El Calafate a causa dei prezzi troppo elevati e andiamo a El Chaltén dove veniamo accolti dal tipico vento patagonico. Partiamo subito per un bel trekking di 4 giorni per vedere il Cerro Torre e il Fitz Roy da vicino.
C’è molta gente da queste parti ma queste montagne sono fantastiche e ci assorbono talmente tanto che non facciamo troppo caso alla confusione che ci circonda.
Rimaniamo un’intera giornata ad osservare il Fitz Roy e decidiamo in seduta stante che non scaleremo mai queste montagne!!!
E poi ancora chilometri e chilometri macinati a cercare la vera Patagonia che non riusciamo più a trovare neppure quando ritorniamo in posti che avevamo visitato molti anni fa.
A El Bolsón cerchiamo invano la comunità Hippy, come indicato dalla guida Lonely Planet, ma in compenso troviamo un simpatico campeggio agreste con galline, tacchini e altri volatili che razzolano tranquillamente in mezzo alle tende.
I cinque giorni passati a fare trekking vicino a San Martin de los Andes ci ridanno speranza nell’umanità (sarà che ne vedremo poca in questi 5 giorni) e tra un falò in riva al lago e un bagno alle sorgenti calde ci avviamo verso la fine di questo pazzo viaggio.
Il bus non parte prima delle otto di sera e lungo questa strada al confine tra Cile e Argentina non passa nessuna auto.
Sconsolati e infreddoliti ci rassegniamo anche se mancano tante ore e andiamo a fare due chiacchere con una signora.
Quando torniamo in strada alzo il dito all’ultimo momento ad una macchina di passaggio che letteralmente si blocca e ci fa salire.
Non so dire se siamo stati fortunati o sfortunati!
Ho fermato un cileno di nome Jorge alla guida della sua Subaru. Gli zaini quasi non entrano nel bagagliaio che è interamente occupato dalle casse dell’autoradio. E poi via per 45 km di sterrato a tutta velocità ad ascoltare musica reggaeton a tutto volume.
Quando scendiamo baciamo terra.
Grazie Jorge…ma la prossima volta tira dritto!!!
Raggiungiamo Aluminé quale ultima tappa prima di rientrare a Buenos Aires e solo in questo posto, oltre alla Costa Atlantica, ritroviamo la sensazione di aver trovato quello che cercavamo.
Ma non racconterò oltre su questo luogo perchè voglio che rimanga tale (a voi la decisione se andarci o meno).
Il ritorno nella caotica Buenos Aires è più traumatico del solito.
Daniel e Valeria ci rimettono un po’ in sesto facendoci mangiare un numero spropositato di empanadas e portandoci a visitare la città.
Ma la nostra mente è ancora là in Patagonia ad osservare l’oceano in compagnia di un cane (che hai appena incontrato e che già ti vuole bene) mentre cerchi semplicemente di lasciarti trasportare dalle emozioni e dalle situazioni.
Continua…: la Costa Atlantica da Puerto Madryn a Rio Gallegos e qui puoi trovare l’intro al viaggio Patagonia 2016.
Sere