Era il 6 marzo di un freddo e umido inverno e questa sarebbe stata la sua ultima visita a Caspano, il Gianolo ne era certo.
Era il 6 marzo di un freddo e umido inverno e questa sarebbe stata la sua ultima visita a Caspano, il Gianolo ne era certo. Tornava sempre meno volentieri al suo paese natale e ora aveva deciso di vendere tutte le sue proprietà al nipote che si chiamava come lui, Giacomo Parravicini.
Caspano e la Valtellina erano stati i luoghi dove aveva dipinto per tutta la sua vita e nonostante si fosse trasferito a Milano, era tornato spesso tra queste montagne per lavorare su commissione in molte chiese. Ricordava con una certa emozione i primi disegni e il ritratto al prevosto di Caspano, al quale seguirono altri dipinti nella chiesa di San Bartolomeo.
Bartolomeo era anche il nome di suo padre e di uno dei suoi 4 figli.
Il padre, Bartolomeo Parravicini, gli raccontava spesso la storia della loro famiglia e di quando i loro lontani parenti nel 1250 lasciarono Milano e i paesi vicini per fuggire alle lotte fra i Guelfi e i Ghibellini, rifugiandosi tra queste montagne abitate solo da pastori. Ben presto altri nobili raggiunsero Caspano e la famiglia Parravicini crebbe e si insediò anche in altri paesi della Valtellina.
Ricordava con più riluttanza i racconti del cosiddetto Sacro Macello della Valtellina, ma ora grazie a Dio erano lontani i tempi nei quali la chiesa veniva utilizzata anche dai protestanti e la sua famiglia, che era profondamente religiosa, aveva avuto un ruolo fondamentale in tutto questo.
Ora tutto era cambiato. Milano era diventata la sua città e tornava in Valtellina solo per dipingere o per concludere affari.
Caspano, Chiuro, Morbegno, Sondrio, Traona…, aveva dipinto in tutte le chiese che si potevano vedere dal palazzo della sua famiglia, ma le sue opere erano presenti anche a Crema, a Saronno e a Milano.
Il Gianolo in quel freddo 6 marzo 1725 aveva 65 anni. Sapeva che erano molti per quell’epoca e non voleva più impegnarsi in nuovi lavori. Era lì per sistemare definitivamente la questione delle sue proprietà nel paese di Caspano e aveva le idee chiare sul cosa fare. Alessandro e Bartolomeo, i due figli rimasti, non erano d’accordo, ma poco importava.
Caterina, sua moglie morta due anni prima, aveva partorito 4 volte. Giuseppe, Bartolomeo, Pietro e Alessandro. Pietro era morto all’età di due anni.
Il primogenito Giuseppe seguì le orme del Gianolo e divenne pittore. Anche lui era morto 9 anni prima, trasmettendo però al figlio Alessandro il dono della pittura. Al Parravicini piaceva il nipote Alessandro e spesso collaboravano in alcuni lavori.
Bartolomeo divenne un frate carmelitano, rispettando le volontà della famiglia e l’ultimo figlio Alessandro diventò prete.
Giacomo Parravicini era impaziente, aspettava da troppo tempo il nipote Giacomo, figlio del nipote Alessandro che a sua volta era figlio del suo primo genito Giuseppe.
L’aria fredda del lungo inverno lo tormentava e voleva tornare il prima possibile a Milano dalla sua seconda moglie. Pochi mesi dopo la morte di Caterina il Gianolo non aveva resistito alla solitudine e aveva sposato Giuseppina ma allo stesso tempo aveva preso appuntamento per redigere il proprio testamento.
Aveva già deciso tutto. Era certo che la sua vita fosse stata quella di un buon cristiano, era grato e riconoscente alla prima e alla seconda moglie e quello sarebbe stato il suo ultimo giorno a Caspano che non avrebbe mai più rivisto. In merito alla sua vita di pittore non c’era nulla da dire, era stata un dono di Dio e lui come tale l’aveva vissuta.
Info:
Libro: Il “Gianolo” e i suoi dipinti in Valtellina
Libro: Cronistoria di Caspano
Passeggiata al portico della Chiesa di Caspano
Serena